giovedì 16 ottobre 2014

Pazienza

Le temperature sono decisamente più basse ed è ora di preparare zuppe, minestre e brodo di carne o verdura. Piatti che ho sempre detestato cordialmente  fino a quando non ho iniziato, a mia volta, a usare pentole e fornelli per qualcosa di più elaborato del caffè, l'acqua per la pasta o per il the oppure per scaldare le schiscette di cui mi riforniva la mia mamma. Lei pensava, peraltro a ragione, che da quanto ero andata a vivere da sola (alla tenera età di 30 anni ! ) mi nutrissi di affettati, pollo allo spiedo della mitica rosticceria Dal Bo, pizza al taglio di Enzo e naturalmente nessun tipo di verdura. Mangiavo fuori anche a pranzo e spesso si trattava di panini, tramezzini o ancora pizza. Quindi l'accordo di passare a salutare i miei più o meno tutti i giorni comprendeva che mi fermassi a cena oppure, più spesso, che ripartissi con tupperware o simili pieni di arrosti, verdure cotte, sughi per la pasta, minestra di fagioli, minestrone, talvolta anche baccalà o seppie in umido. La mia mamma non ama cucinare forse l'ha fatto fin da piccola nella sua famiglia di origine, e comunque il peso maggiore per lei è pensare a cosa fare. Improvvisare non è contemplato per cui  pensa a cosa cucinare con  una settimana di anticipo o anche di più. Quando ero piccola quello che trovavo a tavola non era contestabile, crescendo è iniziato il tempo delle richieste speciali, da inoltrare però per tempo! E guai a mostrare molto apprezzamento per un piatto : te lo ritrovavi davanti per un mese e le rimostranze era meglio evitarle. Ciononostante la cucina di mamma Liana, che poi era quella della nonna Elvira ereditata dalle famiglie Fedalto e Manfreo, forse non prevedeva molte varianti negli ingredienti ma è molto gustosa e i piatti sono ottimi, con tempi di preparazione lunghi, elaborati e le cotture lente, accurate.  C'è da dire che le condizioni economiche non consentivano nemmeno di acquistare tagli di carne costosi o pesci pregiati, si mangiava quello che offriva la terraferma veneziana quindi pollame, coniglio, maiale, raramente manzo, verdure crude e cotte e pesce azzurro. In ogni caso le cucine tradizionali non comprendono l'infinità di preparazioni che abbiamo ora, non nella provincia italiana. Le ricette regionali caratteristiche venivano proposte senza cambiamenti che non fossero quelli stagionali o legati al territorio e ai prodotti tipici, e i due rami della mia famiglia non facevano e non fanno eccezioni. Certo dopo il trasferimento a Conegliano, mia mamma ha iniziato ad utilizzare ingredienti trevigiani, il radicchio tra tutti. Contaminazioni molto interessanti e gustose che a monte hanno sempre i mutamenti geografici. Il posto in cui vivi cambia sempre la prospettiva delle cose, anche quelle da mangiare e io trovo che sia una grande fortuna. Aggiungendo la curiosità ed il principio che le novità e i sapori diversi sono sempre da provare, ne esco fuori io esattamente come sono, assieme ai miei racconti. 
Sono partita dalla tradizione romagnola della pasta fresca ripiena e il primo imprescindibile passaggio geografico-gastronomico è nell'Emilia, quella che i romagnoli dicono finisca quando al forestiero assetato non viene offerto più acqua ma vino. Approssimativamente fino a Imola. Il campanilismo questo sconosciuto.
La tradizione emiliana è il tortellino piccolo da brodo. A Bologna o a Modena il formato è lo stesso, cambia un po' il ripieno ma sostanzialmente si fa sempre con carni arrostite, prosciutto crudo, mortadella e  parmigiano. Io seguo Modena e la ricetta è la stessa che ho proposto per le pappardelle farcite. La differenza sostanziale è il tempo e la pazienza necessari per preparare questa pasta che, essendo destinata alla cottura in brodo deve  avere dimensioni adatte ad essere mangiata con il cucchiaio. Quindi circa meno della metà della grandezza di cappelletti e tortelli . Anche la seconda piega del tortellino, quella dopo la chiusura a triangolo, è differente. I lembi di pasta vanno girati intorno all'indice, o addirittura al mignolo per i puristi, e quindi fatti aderire. Va da sè che un kilogrammo di tortellini richiede dalle 4 alle 5 ore di preparazione, contando anche la cottura del ripieno e della sfoglia. Tutta la pasta ripiena è in realtà il piatto della festa, quando alla cucina veniva dedicato più spazio, niente lavoro nei campi, niente pulizie o bucato. Solo il tempo di prender messa, o anche no, e poi alla spianatoia e ai fornelli.
La ricetta del ripieno la trovate nel post Ritorno al futuro, le foto vi mostrano le varie fasi della preparazione. Come dicevo i tortellini vanno cotti in brodo, che deve essere rigorosamente di carne mista o, meglio, di cappone. 

Buon appetito!







Photo by the courtesy of Serena Uberti





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